Silvia Mezzanotte, ex voce dei Matia Bazar ed oggi cantante solista si è raccontata così.
Come ti sei avvicinata al mondo della musica?
Mi piace pensare d’aver iniziato a cantare ancor prima che a vagire… mia madre mi ricorda spesso che da bambina non piangevo se non per necessità fisiologiche.
Forse già sapevo che la voce mi sarebbe servita per farmi ascoltare in un altro modo.
A 5 anni comunque ho dichiarato solennemente che sarei diventata una cantante. Ci ho impiegato molto tempo, schiava della mia timidezza, ma adesso sono qui.
Nella Silvia artista di oggi, quant’è rimasto di quella ragazza che nel 1990 ha debuttato al Festival di Sanremo Giovani con “Sarai grande”?
La purezza è la stessa. Ma oggi è associata all’esperienza e alla consapevolezza.
L’essere stata una bambina di straordinaria timidezza mi ha lasciato una grande, una bella eredità: la volontà di non mettere distanze, quelle distanze che ho tanto temuto da piccola.
La volontà di far si che le persone intorno a me si sentano al sicuro, in qualche modo abbracciate. Ero così nel 1990, sono così anche adesso, anche se con gli occhi un po’ più aperti…
Alla fine degli anni ’90, grazie a Giancarlo Golzi sei entrata a far parte dei Matia Bazar, puoi raccontarci l’emozione del primo giorno nel gruppo e un aneddoto?
Ricordo esattamente l’audizione, la terza, durante la quale mi hanno detto che sarei diventata parte del gruppo.
Ricordo d’aver cantato “Cavallo bianco”, nello studio di registrazione, e di aver visto dall’altra parte del vetro Piero Cassano imbracciare la chitarra e seguire le note che toccavo con la voce.
Io lo vedevo di schiena, non sapevo cosa stesse dicendo, però incrociavo lo sguardo compiaciuto di Giancarlo. Alla fine Piero mi si è avvicinato e mi ha comunicato la notizia.
Dopo molti anni gli ho chiesto cosa avesse detto durante quella esecuzione e lui mi ha risposto “Belin… ci siamo” cioè in genovese, accidenti, ci siamo, è quella giusta!
Una volta lasciato il gruppo, hai intrapreso la carriera da solista e hai realizzato tre album “Il viaggio”, “Lunatica” e “Aspetta un attimo”, c’è un filo conduttore che unisce questi tre progetti discografici?
Il linguaggio, la profondità dei testi, lo spessore delle cose che racconto, lo sguardo femminile della vita, la ricerca di non fermarsi alla superficie, ma di scavare per ottenere da parole musica ed emozione la capacità di farmi conoscere fino nelle pieghe più profonde dell’anima.
Con la storica band genovese hai calcato il palco dell’Ariston ben quattro volte, vista la tua potente voce, quale canzone ha messo più in luce le tue doti canore?
Nel 2002 con “Messaggio d’amore” abbiamo vinto. Un’esperienza indimenticabile, è quella che certamente mi ha dato maggiori soddisfazioni.
Ti piacerebbe tornarci da solista?
Sì, mi piacerebbe tornare a Sanremo, se avessi la giusta progettualità.
Nel 2016 hai partecipato a “Tale e Quale Show”, che cosa conservi di quest’esperienza? Qual è stato il personaggio più difficile da interpretare?
Mi ha insegnato ad accettare il cambiamento fisico, scenico, la trasformazione. Il personaggio più difficile certamente Mina, anche perché mi è stata assegnata “Brava”, la sua canzone più iconica e tecnicamente difficile.
Se dovessi incidere un duetto, insieme a quale artista ti piacerebbe farlo?
Ho avuto il privilegio di duettare con Ranieri, Al Jarreau, Michael Bolton e di recente Dionne Warwick in un singolo inedito che uscirà nel 2021. Mi piacerebbe duettare con Annie Lennox, non lo nascondo.
Sei amica di Valerio Scanu, nel 2016 avete duettato al suo concerto di Natale a Roma in “The Prayer”, che cosa vi lega artisticamente?
L’amicizia. La stima reciproca. La passione reciproca per le nostre voci e per la musica. In questo momento preciso stiamo collaborando ad un progetto che uscirà a breve.
Quanto ti mancano i live in giro per l’Italia e i tuoi fan?
Mi sanguina il cuore. Io vivo per i live. Sto sperando ardentemente che ci sia la possibilità di ricominciare presto a fare concerti. Proprio pochi giorni fa, per la prima volta si è parlato di riapertura dei teatri. Prego e spero.
Qualche giorno fa in un post hai scritto che stai incidendo nuovi spunti, stai producendo musica. Quali sono i tuoi progetti futuri?
In realtà sono progetti presenti. Il Covid ha sdoganato molte cose, ognuno di noi, da casa continua a produrre nuovi brani, e a immetterli nel circuito social, che è diventato molto più importante di quello discografico.
Anch’io mi sto sbizzarrendo, lavorando su inediti e su cover che avrei sempre voluto incidere, e che diventeranno parte dei miei spettacoli futuri.
Un esempio? Ho appena rifatto la cover di “Inventi”, in occasione della giornata contro l’omofobia, realizzata con l’amico e attore Sandro Stefanini e con il mio chitarrista Riccardo Cherubini.
E se normalmente siamo abituati a pensare ai mash-up come la commistione tra due brani musicali, in questo caso è la condivisione tra due arti, quella di Renato Zero e di Pablo Picasso, entrambi artisti della trasformazione e del cambiamento… in grado con la loro stessa vita di far crescere la coscienza sociale in nome dell’accettazione e del cambiamento.
Hai fondato nel 2015 la “The Vocal Academy”, quant’è importante per te? Grazie al web stai svolgendo lezioni online con i tuoi allievi ed hai lanciato il format “Master Show”…
È l’altra metà del mio cielo. Faccio master da quasi vent’anni.
Per la prima volta, in coppia con il maestro e socio fondatore dell’Accademia Riccardo Russo, mi posso concedere di arrivare dappertutto, abbiamo allievi in tutta Italia.
Ermelinda è un fisico, lavora in Francia, Danilo vive a Linosa un’isoletta con pochissimi abitanti, Donatella vive nella zona rossa, si è avvicinata a noi nel momento di lockdown totale… insomma una vera gioia per me, vederli crescere e condividere la mia esperienza!
Un consiglio che daresti ad un giovane che si affaccia nel mondo della musica…
Gli direi di studiare. Di affidarsi a docenti che possano comprovare, certificare la loro professionalità perché di ciarlatani ce ne sono troppi.
E poi direi loro di combattere con ogni forza il male dilagante di questo periodo: la superficialità.
Quando mi si chiede da cosa parte l’x factor dico sempre che inizia con la ricerca interiore, l’approfondimento, la capacità di rispondere a tre domande: chi sono, da dove vengo, dove voglio andare.
Ricordandosi che queste risposte possono cambiare nel corso della vita, ma le domande no. Vale la pena di porsele ogni volta che ci si mette in viaggio per una nuova destinazione.
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