Fabio Concato: “Dopo anni ed anni di concerti, sono tornato a scrivere nuova musica”

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Fabio Concato: “Dopo anni ed anni di concerti, sono tornato a scrivere nuova musica”

Fabio Concato sicuramente non ha bisogno di presentazioni. Animo nobile, oltre 40 anni di carriera alle spalle, sempre in prima linea con la sua arte per aiutare i più deboli mediante la beneficienza. 

L’abbiamo raggiunto telefonicamente, ci ha spiegato che cosa per lui ha in un certo senso “perso” la musica italiana.

Ci ha raccontato “Gigi” il suo ultimo progetto discografico ed inoltre la sua vena artistica inerente alla scrittura che sembra essere rinata, rispuntata in questo periodo che sta mettendo a dura prova il mondo intero.

Quando ti sei avvicinato al mondo della musica?

Mi sono avvicinato quando ero veramente molto piccolo, a circa 2-3 anni, nei miei primi ricordi non avevo ancora iniziato nemmeno la scuola.

Mio padre ascoltava molta musica jazz e la faceva, anche se non di professione.

Sono diventato grande con quel genere musicale, per fortuna ci piaceva.

Sei uno dei cantautori più amati di sempre, alle spalle hai tutti questi anni di carriera. Pensi che si sia un po’ persa l’essenza di “musica italiana” o che sia cambiata?

Mi sembra che manchino un po’ gli autori. Mi spiego meglio.

Qualche anno fa ho realizzato un disco con Fabrizio Bosso, abbiamo riarrangiato insieme delle canzoni che avevano 45-50 anni.

Sono ormai degli evergreen, ed hanno sempre un gusto pazzesco, melodicamente e armonicamente sono ancora perfette, credo che tra 50 anni le ascolteremo ancora.

Sarebbe bello che chi è adesso in classifica, ammesso che ne esista ancora una autentica, venisse cantata tra tanti anni.

Mancano gli autori, manca la “ciccia”, la musica, l’armonia.

Oggi faccio fatica a riconoscerli. Nella mia ignoranza rispetto al rap o al trap, i brani mi sembrano un po’ tutti uguali e questo è doloroso.

Non mi sembra una cosa bella non riuscire a riconoscerli uno dall’altro.

Questa è probabilmente, una fase di passaggio che mi auguro produca qualcosa di buono in futuro, anche musicalmente.

A livello testuale/letterale invece alcuni rap scrivono cose potentissime, la musica però è sempre quella.

Le canzoni dovrebbero essere un’altra cosa ma può darsi che da qui in avanti diventino quelle lì e non siano invece più le nostre.

Il tuo brano “Fiore di Maggio” a chi è dedicato?

“Fiore di Maggio” è dedicata a mia figlia, quella che, è in attesa anche lei in questo momento di un “fiore”.

È un brano del 1984, dedicato anche a tutti i bambini del mondo.

Quando pubblichi una canzone non è più tua, automaticamente diviene di coloro che l’ascoltano.

Il tuo ultimo lavoro discografico è “Gigi”, il disco con il quale hai celebrato i tuoi 40 anni di carriera. Puoi raccontarci qualcosa?

“Gigi” è il prodotto di parecchi concerti che ho fatto con Paolo Di Sabatino ed il suo trio, finché ad un certo punto ci siamo detti “perchè non firmiamo questa cosa”?

Paolo ha riarrangiato dei brani in chiave jazzistica e ne è venuto fuori questo bel lavoro che ci ha dato un sacco di soddisfazioni.

Abbiamo interrotto così come gli altri miei concerti di pop perchè è scoppiata quest’emergenza, sennò saremo ancora in giro.

E’ stato un problema davvero notevole, per tutti, ma ci sono delle categorie che forse ne risentono di più.

Io sono un musicista già privilegiato ma penso a molti miei colleghi, non necessariamente musicisti, al fonico, al lucista, all’autotrasportatore, ai tecnici… c’è una filiera notevole.

Ci sono tutte quelle persone che andrebbero salvaguardate, invece mi sembra che fino ad ora i soldi non stanno arrivando a tutte le categorie.

Torniamo un pò indietro: sabato 8 febbraio. Ti sei esibito al “Teatro Govi” di Genova con uno spettacolo composto da musica e parole, quando era stato deciso di realizzare questo evento?

Il teatro era a disposizione, c’era interesse per l’artista in questione ed io ero libero in quel momento. 

Il Govi è un cine-teatro delizioso, una bella atmosfera, un bel concerto.

Qual è secondo te il potere della musica?

Il potere della musica è farmacologico, la musica è una medicina, ha molti poteri, quello di far cambiar umore, far piangere, sorridere, capire delle cose drammatiche passando prima dal cuore che metabolizza tutto, per poi inviarlo al cervello. Ti arriva così una “botta”, ma c’è la consolazione della musica che armonizza tutto.

Da sempre scrivi brani su temi sociali e il ricavato viene devoluto alle diverse associazioni, da 051/222525 a “Oltre il giardino”. Com’è nata la tua voglia di aiutare gli altri mediante la tua professione?

Mi sono reso conto ad un certo punto, come è successo nell’88 quando ho dedicato quella canzone al Telefono Azzurro.

Ho pensato che davvero poteva essere un modo molto potente per avvicinare le persone al problema che è sempre esistito, abusi, e non solo fisici, sui minori.

Mi sono lanciato, ho chiamato il presidente, ero a Bologna a registrare proprio dove è nato, gli ho detto “Senta venga qua a sentire perchè non vorrei aver detto cose sbagliate. Se le piace la canzone la regalo al Telefono Azzurro”.

In realtà è stata una cosa che ha funzionato molto, ha venduto molti singoli.

Mi diceva il professor Caffo che ha funzionato moltissimo.

Naturalmente poi è servito a loro ma anche a me, per capire come lavoravano gli operatori quando rispondevano: c’è tutto un mondo dietro.

Credo che la musica debba avere questo potere, non si può solo parlare d’amore, deve parlare anche di temi più importanti.

La canzone è un mezzo potentissimo, efficacissimo, vale più una canzone in un certo momento della nostra vita che i dibattiti.

Ti arriva quando meno te l’aspetti e ti tira una “botta” pazzesca.

Stai lavorando a progetti futuri? Hai delle canzoni nel cassetto?

Sì, sto lavorando anche se non so darti altre informazioni.

Sto scrivendo, io sono uno che non lo fa moltissimo.

Ho passato tanto tempo senza scrivere a fare concerti, ora mi sto risvegliando un po’ e quindi mi sono rimesso all’opera.

Non so che fine faranno, è una cosa che guardo giorno per giorno senza andare troppo in là. 

 

Forse questo periodo ci ha insegnato proprio questo…

Laureata in Scienze della Comunicazione – Giornalista Pubblicista –
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