Paolo Jannacci: nessun confronto con suo padre, la musica è una questione di famiglia

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Paolo Jannacci: nessun confronto con suo padre, la musica è una questione di famiglia

Paolo Jannacci è nato come compositore di colonne sonore e pianista jazz, con la musica nel sangue, una questione di famiglia.

Si è lanciato, stupendo tutti e incontrando il favore del pubblico quest’anno, in occasione del Festival di Sanremo, nel cantautorato ed ha realizzato così il suo primo album, “Canterò”.

Un prodotto discografico composto da un mix di generi musicali diversi, da sonorità pop, jazz ma anche rap.

Orgoglioso di suo padre, non teme alcun confronto, anzi, è felice che se ne parli ancora e che sia ancora vivo il suo ricordo.

Nel 2011 è uscita “Aspettando al semaforo”, la biografia che ha scritto in modo originale su di lui.

Con noi ha raccontato la sua esperienza sanremese ed i suoi progetti futuri.

Quando ha iniziato ad appassionarti alla musica, hai pensato subito che sarebbe potuto diventare il tuo mestiere?

All’inizio no anche se ero molto appassionato di musica, poi a 17 anni ho avuto la svolta, tanto da decidere che la musica sarebbe stata la compagna con cui avrei vissuto.

Sei un grande maestro di jazz, come mai proprio questo genere?

Ho scelto il jazz più che altro come stile di vita, come un canone musicale, perché ti dà la possibilità di far realmente vedere come sei fatto tu quando suoni questo genere, quando ascolti musica di questo tipo capisci come è fatto. È come una sorta di analisi con lo psicanalista.

Questa tipologia di musica tra l’altro ti fa arricchire molto dal punto di vista culturale il bagaglio conoscitivo.

Devi comunque studiare un certo tipo di cose, non puoi essere troppo approssimativo perchè alla fine tutti i nodi vengono al pettine.

È necessario capire realmente di cosa si tratta da un punto di vista musicale quello che stai facendo, inventando o interpretando. 

Che cosa ti ha spinto a gettarti come cantautore dopo una carriera da pianista jazz e da produttore?

La vita, mi ha spinto in una direzione. Il consiglio è arrivato del mio produttore, Maurizio Bassi che mi ha proposto il brano di Sanremo.

Sono state queste con molta semplicità le ragioni per cui mi sono leggermente spostato da un sound di lusso ad essere più frontman.

Com’è nata l’idea di presentarti a Sanremo con “Voglio parlarti adesso”? C’era un altro brano in lizza per il palco dell’Ariston?

Nata dall’idea di Maurizio Bassi che mi ha portato il brano 4 anni fa, “guarda che questo per quello che stai facendo adesso è importante per la tua carriera”, allora da lì imperterriti siamo andati avanti a proporlo e a lavorarci. 

Avevo proposto anche “Canterò” ma” Voglio parlarti adesso” è una ballata comunque più moderna e destinata ad avere un grande significato anche dal punto di vista poetico.

Infatti devo dire che abbiamo fatto centro per quello che poi mi hanno scritto. Ho avuto un sacco di testimonianze di padri, di madri e di figli che mi hanno fatto davvero emozionare.

All’interno del tuo primo progetto discografico hai inserito “E allora concerto” e “Fotoricordo… il mare”. Per quale motivo la tua scelta è ricaduta su questi due brani dell’ampio repertorio di tuo padre?

Erano i brani che io ho visto nascere e che erano stati un po’ sfortunati perché non capiti, erano stati bistrattati e buttati poi in un cassetto da mio padre perchè si era giustamente arrabbiato. Quando le cose non girano è inutile intestardirsi.

Erano dei brani che mi hanno formato ed ho visto scomparire troppo presto. Per me erano belli e importanti allora li ho reincisi secondo me, anche come avrebbe voluto fare mio padre.

Sei musicalmente aperto a collaborazioni con artisti distanti dal “tuo mondo” come J-Ax, Bisio, Michele Serra, che cosa vi accomuna?

Sono tutte amicizie che ho maturato in tanto tempo, non le ho fatte a tavolino per capire chi poteva aiutarmi di più.

Siccome per fare questo disco ci ho messo 5 anni, a seconda del momento mi è venuto in mente un amico o una persona valida, importante che potesse darmi una mano, partecipare in un certo tipo di momento artistico e così sono nate le collaborazioni

Qual è stato l’incontro musicale più bello?

Sono stati tutti belli ed emozionanti, nessuno in modo particolare perchè tutti avevano una magia.

Hai un particolare ricordo nello studio musicale insieme a tuo padre?

Ce ne sono tantissimi. Uno dei più belli è quando abbiamo fatto “Milano 3.6.2005”, un disco di canzoni milanesi. Un’esperienza fantastica realizzarlo insieme.

Ricordo anche il primo disco quando gli ho detto se potevo produrlo io, nel 1994 “I soliti accordi” insieme a Gianluca Cinovo, un chitarrista.

Gli ho chiesto “Papà ma se te lo producessi io?” Lui ci ha pensato 10 secondi e mi ha risposto “Ah buona idea!”. Mi ha dato credito rischiando il tutto per tutto.

Hai scritto “Aspettando al semaforo”, un’originale biografia di tuo padre, cosa ci racconti?

Un amico che lavorava alla Mondadori mi ha chiamato dicendo che c’era questa idea di fare una cosa mia su papà, che io scrivessi qualcosa su di lui.

Allora mi ci sono messo, cercando di farla con il mio stile, mischiandolo con quello di mio padre ed è venuta una cosa molto bella.

Oltre a scrivere su di lui nei primi capitoli quello che reputavo importante, sulla mia condizione, certi aneddoti vissuti, ho poi registrato delle conversazioni con i temi fondamentali per la vita di mio padre.

Sono veramente lo spirito, l’essenza di mio padre, questa cosa mi piace perchè, titolo divertente, “Unica biografia che racconti qualcosa di vero”.

Ed è la verità perchè ci sono tantissime biografie, belle e giuste che però sono un po’ fredde, raccontano quello che secondo loro significavano certe canzoni, certi modi di fare, questa invece è proprio la vita reale, il fondamento del pensiero di mio papà.

Mi ha fatto morire (ride, ndr) quando leggevo le critiche su Amazon, “Grazie finalmente ho capito il pensiero e l’essenza di Jannacci” ed alcuni “Che schifo! A parte i primi capitoli dopo non si capisce niente, impara a scrivere” valutazione da 0 a 5 stelle. Quando la forbice è così ampia vuol dire che hai fatto centro, in questo modo qua fa veramente piacere.

Lavori alla realizzazione di colonne sonore per film ma anche a produzioni teatrali, che cosa ti dà più soddisfazione? Se dovessi scegliere a chi daresti la priorità? 

Colonne sonore per film, perchè quando le imbrocchi le immagini girano con la musica, con una nota, è qualcosa di magico.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Pensi di continuare con il cantautorato?

Sì sì. Sto lavorando con il mio team: Maurizio ed Emiliano Bassi, Andrea Bonomo e Paolo Re.

Queste persone mi supportano ed aiutano, collaboriamo per fare qualcosa di nuovo e bello che mi riguarda.

Non temi che il confronto con tuo padre possa in un certo senso oscurare la tua carriera artistica?

No, mio padre era mio padre che ha detto tanto nella sua vita artistica, io invece sto cominciando a fare quello che aveva fatto lui negli anni ’60/’70 adesso, però sono felice di farlo.

Non temo nessun tipo di raffronto anche se lo fanno e lo faranno anche perchè io con mio papà ero molto sincero e ci confrontavamo veramente come se fossimo due amici, due colleghi.

Quindi c’era l’amore tra padre e figlio, ma anche un confronto come se fossimo colleghi, non c’era nessun tipo di gelosia.

Anche adesso quando mi dicono sei uguale, va bene. Sono contento perchè così lo ricordo e in questo modo molte persone se lo vanno a riascoltare.

Sono felice che si riascolti, non mi dà fastidio, anzi mi fa piacere.

Laureata in Scienze della Comunicazione – Giornalista Pubblicista –
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