Andrea Jachetta e la sua versione de “La sedia del diavolo”

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Andrea Jachetta e la sua versione de “La sedia del diavolo”

Sono passati sei anni da quando, essendo sempre stato affascinato dal bancone del bar Andrea Jachetta ( con la “J”, ci tiene a precisarlo!! – ride n.d.r.) decide di investire in un corso da Barman e inizia a lavorare in un cocktail bar della sua città.

Un lavoro che stravolge un po’ i normali ritmi di vita, come ad esempio la passione per lo sport, in particolare per la pallacanestro.

La palestra diventa un buon compromesso, ma appena inizia la bella stagione Andrea cerca sempre di trovare un piccolo ritaglio di tempo per fare qualche tiro.

Lavorando in una grande città e avendo orari serali non è facile praticare sport di squadra.

Anche la vita privata diventa difficile da gestire a causa di orari e stile di vita completamente diversi dalla maggior parte delle persone a meno che non sei fortunato come Andrea che ci confida:

– Personalmente sono fortunatissimo, ho una compagna che capisce il mio amore per questo lavoro, mi sopporta e mi supporta. –

Ma Andrea, ha anche un altro amore profondo, quello per gli animali, in particolare per la sua cagnolina con la quale passa le mattinate prima di andare a lavoro.

– I cani sono parte della mia vita da sempre. Con la mia Milù siamo inseparabili. –

Insomma parlando con Andrea ci accorgiamo di quanto la passione per il suo lavoro fa sembrare semplice poter gestire tutto il resto!

Gli chiediamo quindi quale sia il segreto, insomma come descriverebbe la vita di un bartender?

– E’ mettersi sempre alla prova, è un lavoro molto dinamico sotto tantissimi aspetti. Bisogna essere curiosi, ricercare e studiare anche quando si è stanchi e ci si vorrebbe fermare per prendere fiato. –

La quarantena ci ha costretto per quasi due mesi in casa, un tempo infinito per chi in casa non ci stava praticamente mai…

Cosa dunque gli è mancato di più del suo lavoro, di questa sua grande passione, e, adesso che si torna pian piano alla normalità c’è qualcosa di cui invece si è reso conto aver trascurato?

-La possibilità di avere un colloquio con il cliente è la cosa che più mi è mancata, mentre ho trascurato volutamente alcuni aspetti dello studio del mio lavoro.  Ho approfittato del tempo per concentrarmi su altre cose che prima non trovavano spazio. –

Il mondo intorno a noi sta cambiando e ci ha fatto scoprire una nuova dimensione del tempo. Anche il mondo del bar sta cambiando, e in questo momento ce ne stiamo sicuramente rendendo conto molto di più. Su cosa dovranno dunque puntare i nostri ragazzi?

Per Andrea  si dovrá puntare indubbiamente su cordialità e professionalità nel servizio. Nel drink invece bisognerà pensare alla ricerca delle materie prime e alla loro trasformazione/lavorazione.

– Mi piace partire dalle materie prime per poi sviluppare intorno. Il nostro paese è pieno di ottimi prodotti, basta guardare dietro l’angolo. Non ho ingredienti preferiti, cerco di concentrarmi sempre su qualcosa di nuovo. Mi aiuta a non fossilizzarmi troppo, a capire le tendenze.

Ma il cocktail è l’ultimo punto nel rapporto coi clienti.

Il problema delle distanze per un bartender stanno infatti nel dover reprimere qualcosa. Il cliente và conquistato e fatto entusiasmare, bisogna creare un contatto che non sia per forza fisico. Quando questo avviene hai fatto centro. –

Ma il centro Andrea lo fa anche con le sue creazioni, in particolare abbiamo cercato di scoprire il segreto del successo de “La sedia del diavolo” e da dove ha tratto ispirazione.

– Volevo porre l’attenzione su questo monumento, che a volte rimane in secondo piano rispetto ad altri monumenti. Mi sono informato sulla sua storia e su cosa rappresentasse, da lì è stato facile creare un drink.-

La “Sedia del Diavolo” è la tomba di Elio Callistio, un liberto di Adriano. Architettura funebre di Roma Antica, si trova in piazza Elio Callistio, nel quartiere Trieste, a Roma. Sorgeva su una collinetta lungo la via Nomentana antica. Il richiamo alla figura del Diavolo sembra derivi dall’aspetto dato al rudere dai bagliori rossastri dei fuochi notturni che venivano accesi al suo interno. Le note torbate del whisky Bowmore richiamano l’odore di fumo che si disperdeva dai fuochi accesi dai viandanti e dai pastori, mentre il colore rosso del drink – donato dal Vermouth OSCAR.697 – rievoca il ricordo del fuoco che illuminava il sepolcro.

Di seguito la ricetta del drink:

INGREDIENTI:
4,5 cl whisky Bowmore 12 yo
2 cl Vermouth OSCAR.697
3 cl Select
3 dash bitter al pompelmo

Bicchiere: coppa
Garnish: scorza di limone

PREPARAZIONE:
Versare tutti gli ingredienti in un mixing glass, riempire di ghiaccio e, con un bar spoon, miscelare il drink, quindi filtrare in una coppa.

 

 

jachetta.andrea@gmail.com

Bartender presso MISTO- Mixology & Cibarie

 

meri desideri Administrator
Laureata in scienze della comunicazione. Redattrice, marketing manager, event planner, contatto: meridesideri@libero.it
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