“Mi piace parlare di me attraverso i testi che scrivo” – Intervista a Collettivo Casuale

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“Mi piace parlare di me attraverso i testi che scrivo” – Intervista a Collettivo Casuale

Come di consueto, eccoci nel nostro spazio dedicato alla musica qui su Evrapress. Con noi oggi, Konrad Iarussi, leader del Collettivo Casuale. Ciao Konrad, per iniziare, perché non ci parli un po’ di te, del tuo progetto e del tuo percorso?

Mi piace parlare di me attraverso i testi che scrivo. Sono sempre stato molto riservato e schivo e la musica mi è servita proprio per buttare tutto fuori. Questo progetto, il Collettivo Casuale, nasce dall’idea di far incontrare casualmente anime affini, che poi collaborino per fissare un momento nelle canzoni. L’io svanisce. Il Collettivo è un noi anche quando resto solo. Tra l’altro qualcosa sta cambiando. Il Collettivo cambia pelle. Direi che con questa intervista possiamo ufficializzare i nuovi componenti della band: Irene. Antonazzo e Fabio Carta, che si uniscono al jolly Guido Paolo Longo e alla violinista ungherese Zita. Sono molto felice, Irene e Fabio sono due persone stupende, oltre che grandi musicisti.

“I colori del dolore”, il vostro ultimo disco, è di per se un caleidoscopio di emozioni: ci racconti come nasce e cosa rappresenta per te?

Questo disco è il mio IO più profondo. Tirato fuori per salvarmi dopo la perdita di mia madre. Un disco che rappresenta il bello in un momento brutto. Questo, salva la vita.

Un album con Virgin Music Group: il suggello di una lunga carriera o l’inizio di un nuovo percorso?

Era un sogno. Da amante del grunge, l’unica radio ascoltabile negli anni 90 era Virgin. Così sono cresciuto con questo mito. Non posso però non ringraziare la Music Force, che dal 2012 mi ha portato dove sono ora. E poi, grazie alla Dig Up Agency che ha creduto nel mio disco e lo ha presentato a Estro Records Virgin Music Group.

Il riscontro del pubblico è stato massiccio: pensi che in tanti si siano rivisti nelle tue parole?

E si, siamo quasi a 35.000 ascolti in 2 mesi solo su Spotify. Numeri incredibili anche su Amazon Music e Youtube. Si, credo che questo sia il disco della condivisione, della resilienza e dell’inclusione. La gente si identifica ed è bello.

In questo lavoro non sei stato da solo, sbaglio?

Questo disco è nato con al fianco Diana Rossi, ma sapevamo già che qualcosa si era rotto. È stato anche il disco dell’addio. Adesso però, non vedo l’ora di intrecciare la mia voce con quella di Irene. Le prime prove mi hanno lasciato il sorriso. Poi c’è Zita, la super violinista ungherese e mia grande amica. Infine, il cameo di Gianni Siviero per la bonus track.

Possiamo dire che “Mi parli da li”, primo singolo estratto, è il perno attorno a cui gira tutto questo full-lenght?

Si. Assolutamente. È il pezzo che mi ha salvato. Senza quello sarei sprofondato io e tutto il progetto.

C’è ancora spazio nel frenetico mondo moderno per i cantautori?

Assolutamente si. I cantautori, anche quelli moderni, salveranno la musica e, forse, il mondo.

Quando potremo rivederti dal vivo?

D’estate, perché… vi svelo un segreto: stiamo lavorando al prossimo disco….. shhhhh.

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