Sono ormai anni che chi vi scrive ha notato i Love Ghost. I “ragazzini terribili” di Los Angeles sono cresciuti, maturati e, finalmente, dopo una miriade di singoli, pubblicano un album attesissimo. Giunti al varco, la band si presenta solidissima. Certo tutto ruota attorno alla figura del leader Finnegan Bell, ma ciascun elemento, compresi i molti featuring inseriti nel disco, danno un apporto sostanziale e fanno di questo lavoro, uno dei più solidi e “freschi” usciti dalla scena americana nell’ultimo anno solare. Un grandissimo lavoro è stato fatto da produttori del calibro di Berdu, Otho, Comisarios ed Erving River. Soprattutto il primo ha saputo dare il giusto sound alle composizioni del singer californiano, vestendo su di lui un sound maturo, frutto di un perfetto mix di post-grunge, emo-trap ed hip-hop di matrice latina.
Il disco si intitola “Memento Mori”. Nel disco sono presenti duetti con i maggiori esponenti dell’emergente scena messicana: Deer, Plata Shail, Verumcito, Young Alexx, Katsu Energy, Ardis e X Kori. Tutti artisti che a suon di milioni di visualizzazioni si stanno imponendo all’attenzione degli addetti ai lavori. Una scena ricca di talento che sta avanzando col netto proposito di svincolarsi dal ghetto degli stereotipi della musica di matrice ispanica e sempre più propone lavori molto interessanti e spesso innovativi, pur mantenendo solidissime radici nel passato prossimo del genere.
“Memento Mori” ci arriva come un insieme granitico di energia multietnica che non sfocia mai nell’accozzaglia. Emerge invece una sintesi ponderata di diversi generi che, almeno sulla carta, difficilmente potrebbero coesistere in un discorso musicale coerente. Una sorta di miracolo, quindi, è quello che sta riuscendo a Finnegan & soci.
Nel fiume di queste sette tracce (Decoy, Chronicles, The monster inside, Spiritual Walfare, Twosides, Imposter, Somewhere up on Mars) vi si pesca rabbia, malinconia, senso di abbandono, oggetivazione della realtà, disillusione, ma anche tanta, tanta passione per la vita. La tendenza di Bell di affogare nella propria sensibilità viene mitigata dalle forti personalità di chi lo circonda e lo accompagna in questo viaggio. Il capitolo migliore secondo me è “Chronicles”, un brano in cui sono fortissime le influenze di Marilyn Manson e Queen Adreena. Un pezzo variegato, illogico, eppure geniale.
Un altro pezzo riuscitissimo è “Spiritual Walfare”. Un esempio di hip hop moderno, quasi un nuovo manifesto per il genere. Il brano ne delinea un nuovo canone, lontanissimo dalla retorica e dalla stantia perseveranza di chi insiste nel binomio “figa-denaro” per fare grano facile. Al contrario, i Love Ghost vogliono scavare in loro stessi, scendere nelle profondità più recondite delle loro anime per scovarne un nuovo benessere. Un canto di vittoria nei riguardi dei propri mostri interiori. Della traccia di apertura (“Decoy”) ne ho parlato in una recente recensione, a cui vi rimando.(https://www.evrapress.it/music/love-ghost-e-uscito-decoy/ )
In buona sostanza, i Love Ghost non deludono e pubblicano quello che consideriamo il disco dell’anno. Non per il contenuto in sé, ma per ciò che questo disco potrebbe rappresentare per la nuova generazione “Urban”. Lo stesso Rolling Stone del resto sta accompagnando con crescente supporto questi ragazzi che stanno disegnando nuovi scenari per la musica live, grazie alla fervente volontà di incontrarsi, suonare insieme, collaborare, crescere e contribuire ad una nuova visione delle cose. Un mondo in cui tutti i colori possano essere rappresentati. Un mondo in cui la diversità venga accettata e non semplicemente tollerata. Un nuovo piano di lettura delle cose, in cui ciascuno possa sentirsi libero di essere unico in un oceano di unicità.
Link streaming: https://open.spotify.com/intl-it/album/7FjwzjUS6Dgy3a0P93pDKT
Comment here