Se fossimo in una puntata di Blue Notte e ci fosse Carlo Lucarelli ad introdurre l’argomento trattato nel primo singolo dei siciliani Happy Fear Club, siamo certi che direbbe: “Una strana storia… di quelle che quasi non si possono raccontare”. Si perché per il loro singolo d’esordio, il quartetto palermitano, ha scelto di narrare una sorta di sogno/visione, trasformandolo in un simbolo di quanto più oscuro, ciascuno di noi, può portarsi dentro: la ricerca del piacere.
Un tema semplice, basico, naturale. Provare piacere non è in fondo ciò che tutti ricerchiamo, in un modo o in un altro? In “Red Tip” (questo il titolo del brano), questo piacere passa dal dolore, o meglio dall’idea stessa di provarne.
Un leone si aggira in un giardino. Un uomo è legato. Una donna dalla folta capigliatura rossa e pelle maculata di lentiggini si avvicina al malcapitato… lo vuole impressionare, spaventare. Per chissà quale strano motivo, gli avvicina una punta di ferro arroventato vicino agli occhi. E proprio mentre l’uomo avverte il calore della punta vicina ad uno dei bulbi oculari, capisce, con stupore, di provare assieme alla paura, uno strano piacere, un improvviso desiderio che lo porta ad uno stato di abbandono, quasi ad un evento epifanico che lo salva dalla vita anestetizzata a cui si è abbandonato per tornare, per un istante, a sentirsi vivo. La donna non sembra voler far male, non infierisce oltre. Il leone, annoiato, sbadiglia rumorosamente e si fa cadere su un fianco, agognando un riposino. Il racconto è tutto qui. Ma il protagonista sa bene che è solo l’inizio. L’inizio di un viaggio profondissimo dentro sé stesso. La storia, infatti, non sembra tanto essere racchiusa in questo episodio, ma quasi (si lascia intendere) in tutto quello che il protagonista farà di qui in avanti per inseguire lo stato indotto da questa prima pulsione.
I fatti, ci assicurano, non sono autobiografici, ma interessantissima è la forma in cui viene trattato l’episodio romanzato. Anche la noia del leone è perfetta.
Musicalmente, il brano si sviluppa grazie a dei profondi rimandi bluesy. La chitarra in slide di Vincenzo Polizzi, rende l’atmosfera lenta e asfissiante, quasi da caldo pomeriggio in una fattoria dell’America del Sud… Il Missisipi (ma più probabilmente l’Oreto) fa da sfondo… il basso di Massimiliano Amoroso e la batteria di Enrico Tomaselli martellano un loop ancestrale, quasi un carillon che si ripete sempre uguale, restituendo al brano un’atmosfera ipnotica. La voce di Brenda Taormina si fa a tratti sciamanica. Diventa la medium che ci porta in quel giardino segreto, inermi spettatori della scena in cui dalla minaccia, la donna dalla fulva capigliatura, passa alla più pericolosa delle armi: la malia!
Il brano potrebbe rientrare serenamente nel novero delle murder ballads, anche se le sonorità, più che evocare Nick Cave, sembrano sterzare nel “sentiero polveroso” che porta alla Third Man Records di Jack White. Un bel lavoro della regista siciliana Sally Sicily (che ne ha voluto produrre il video) fa da corredo a questo brano. Se la band non provenisse dalla Sicilia, ma da Londra o da New York, di questo esordio, probabilmente se ne parlerebbe come di una rivelazione.
Ci sarà comunque tempo per far parlare di sé. In fondo, anche se composto da elementi maturi, questo gruppo è solo da pochi mesi che si è formato. Siamo certi che necessitano di ancora un po’ di lavoro, ma alla lunga in tanti si accorgeranno del loro potenziale.
Link video:
https://www.youtube.com/watch?v=uN94-6b2T0A
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