Annunciamo l’uscita dell’album “Gas Mask Wedding” dei Love Ghost. Visto il cospicuo numero di tracce (ben 16) potremmo definirlo serenamente un doppio album, anche se in realtà si tratta di una sorta di raccolta dei migliori brani prodotti dalla band californiana negli ultimi due anni. Questo disco è un viaggio emotivo che esplora le profondità dell’amore e della disperazione causata da un mondo sempre più caotico. Tematiche legate al disagio psichico sono presenti in praticamente tutte le tracce che, ambientate in contesti distopici, finiscono col diventare un mix di ballate struggenti e sperimentazioni sonore che catturano l’essenza della giovinezza e della ribellione ai nostri giorni.
Questo lavoro si apre con “Car Crash”, un brano fragile e personale che esplora la devastazione di una relazione finita male. La melodia al pianoforte e la voce emotiva creano un’atmosfera di profonda introspezione, rivelando tutta la profondità d’animo dell’autore. Nella seconda traccia, “Scrapbook”, troviamo un brano che intreccia diversi momenti della vita della band. Una sorta di album fotografico caratterizzato da un sound coeso e variegato grazie alla collaborazione tra Love Ghost e The Skinner Brothers. Il testo è un flusso di coscienza che ripercorre gli alti e bassi della vita, con metafore calzanti che invitano a riflettere sulla propria esistenza e a riconoscere la bellezza, ma anche la complessità del percorso fatto.
A seguire “Fucked Up Feelings”, brano che tratta con autenticità, quasi con crudezza, i periodi “complicati”. Costruita su una melodia struggente ed un arrangiamento raffinato è una canzone che si distingue per la sua originalità e lascia bellissime sensazioni. La quarta traccia è “Left on Read”, un inno energico e ribelle che cattura tutta la frustrazione post-adolescenziale di essere ignorati e trascurati. Partorita in collaborazione con Wiplash ha un andamento pop-punk che ricorda i grandi del genere (Foo Fighters, Linkin Park, Green Day). Questa canzone è un’esplosione di emozioni che può coinvolgere fino a farti sentire protagonista della storia. Attenzione se siete in auto, perché il ritmo è di quelli che porta a spingere sull’acceleratore più del dovuto.
La canzone successiva, “Hair Dye”, è una vera e propria telefonata di un minuto e trentadue secondi tra due persone lontane fisicamente, ma forse ancora non emotivamente. Una sorta di compendio dei rimpianti tra un ragazzo e una ragazza che si è trasferita dalla parte opposta degli Stati Uniti. Tutto piuttosto surreale, quanto triste, ma che funge da perfetta introduzione a “Scar Tissue”, un brano bellissimo quanto sinistro. Il giro di apertura ricorda moltissimo le chitarre alla Robert Smith, ma quando parte, il brano si sposta su un registro totalmente diverso, quello della trap, perfetto per descrivere la condizione del protagonista che sente “le voci nella testa”.
Anche la successiva “Sandcastles” è un brano malinconico che celebra la bellezza effimera della giovinezza e dei sogni. Il brano ha una forte influenza alt-rock che si sposa perfettamente alla voce di Zach Goode. La canzone è un mix perfetto di energia e malinconia, che fa percepire tutta la fragilità e la bellezza della vita. Un bel brano, di quelli che lasciano un’impronta duratura e portano a riflettere sulla natura transitoria delle cose. L’ottava traccia è “Hallucinations”, un viaggio sonoro rilassato e sognante, con un sound che unisce la magia della West Coast alla sperimentazione audace. La canzone, realizzata insieme all’ottima rapper Reverie Love, è un vero e proprio inno alla libertà, con chitarre e basso che creano un’atmosfera ipnotica. Un brano che ti porta ad una sorta di sospensione tra realtà e fantasia.
Arrivati alla metà del disco, possiamo dire che la voce di Finnegan Bell è un elemento chiave di questo lavoro. Essa è capace di trasmettere sofferenza emotiva come forte energia. Le collaborazioni con artisti come The Skinner Brothers, Wiplash e Zach Goode degli Smash Mouth aggiungono una ricchezza sonora e una diversità stilistica che impreziosisce l’esperienza di ascolto. Tutto il disco può dirsi una fotografia fedele della realtà attuale, con testi che affrontano temi come la salute mentale, il trauma e la ricerca di significato in un mondo che sembra averlo perso. La musica è un rifugio, un modo per esprimere e condividere sentimenti ed esperienze.
La “seconda parte del disco” si apre con la delicata “Angelic”, un’intensa ballata degna del più ispirato Billy Corgan con un finale sincopato che rende alla perfezione l’ormai riconoscibilissima matrice sonora dei Love Ghost. Quando il lettore digitale segna il numero 9, parte “Worth It”, un brano che esplora la profonda insicurezza dell’anima, con un sound grezzo e potente che arriva dritto al cuore. La canzone è un urlo di liberazione per chiunque abbia dubitato di sé stesso, con melodie inquietanti ed un assolo di chitarra davvero ben concepito. Un inno catartico che fa sentire meno soli nella propria lotta interiore.
Il tempo di godersi la decima traccia “Spirit Box” che parte un singolare messaggio da parte di Finnegan Bell che ci tiene a raccontare perché e come si è sviluppato questo progetto discografico. Un espediente un po’ strambo in un disco, ma che i fans della band apprezzeranno. Il messaggio anticipa di fatto le tracce che fungono da bonus: “Falling down”, “Heartbreak City”, “Soviet Ghost” e la conclusiva “The Masochist”. Queste registrazioni finali, effettivamente, sembrano essere un “lavoro nel lavoro”. Una sorta di demo-premio per i fans più devoti. L’operazione, per un amante del lo-fi quale è chi vi scrive, è davvero interessante e si lascia fruire come un esperimento ben riuscito. Soprattutto “Soviet Ghost”, caratterizzata da un giro di basso alla Maroccolo, lascia un bel solco nella memoria e ci fa arrivare con un bel sapore di caramella alle conclusioni finali.
Nel complesso, il disco dei Love Ghost è un’opera potente ed emotiva che lascia un’impronta indelebile sull’ascoltatore. È un invito a riflettere sulla propria vita e sulle relazioni che la compongono, e a trovare la bellezza nella disperazione e nella vulnerabilità. Nel suo insieme, questo disco è una sorta di grande libro degli insegnamenti zen. Queste tracce ci insegnano che nel piccolo possiamo ritrovare il grande e viceversa. Come nel simbolo del Tao, apprendiamo che c’è salute nella malattia e malattia nella salute, torbido nel pulito e pulito nel torbido, sano nel rotto e rotto nel sano. Ma soprattutto ci sono le mie otto stelle e mezza su dieci per “giudicare” un disco davvero pieno di spunti di riflessione e magia. Un disco affatto banale. Un disco che come fosse un’applicazione di Google, ci guida nell’universo giovanile come fosse una mappa interstellare e ci chiama a confrontarci, con gli anni di esperienza accumulata, con l’adolescente che ciascuno di noi guarda allo specchio ogni mattina, attraverso l’ancora impercettibile ragnatela di rughe che solcano i nostri visi.
Link streaming: https://open.spotify.com/album/7xE21odZCnV82MfsYmGoHd
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